Le meccaniche PBL acronimo di Points, Badges and Leaderboard hanno contribuito a definire la teoria della gamification, venendo però spesso riconosciute quasi universalmente come l’esempio di cosa evitare per far sì che il proprio progetto gamificato ben riesca. Victor Manrique, attraverso il proprio Epic Win Blog, propone una interessante alternativa per integrare, invece che scartare a priori, questi meccanismi nel proprio progetto di Gamification.
Dalle pagine del suo blog, Manrique propone una riflessione sull’uso di punti, leaderboard e badges nella gamification.
Se i primi due sono stati nel tempo accettati dagli esperti, i badges sono l’elemento più criticato delle meccaniche PBL. L’autore del post si concentra dunque su questi, notando che nella vita di tutti i giorni ci capita spesso di avere a che fare con dei “badges”, come per esempio in ambito militare, o come dimostrano alcuni programmi di fedeltà di compagnie aeree.
Come è possibile quindi applicare alcuni di questi effetti positivi nella gamification? Ed è possibile integrare i badges nel proprio progetto gamificato?
La prima riflessione che Manrique fa assomiglia ad una premessa: scrive infatti che il badge in sè non ha alcun significato, se non viene accostato ad un ben congegnato archievement. Gli utenti non ricercano il badge, ma raggiungono un obiettivo all’interno di un contesto. L’obiettivo deve pertanto essere il vero punto centrale dell’esperienza; deve essere di valore (portare valore aggiunto all’utenza), interessante e raggiungibile. Il badge lo affianca, perchè possa simboleggiare il raggiungimento di un obiettivo, verso un traguardo (l’intera esperienza) più grande.
Il blog riconosce inoltre il ruolo giocato dal design per la creazione di badges; essi dovrebbero essere contestualizzati all’ambiente nel quale vengono rilasciati (come per esempio un’esperienza a tema “alieni” dovrebbe pensare a forme che ricordino varie tipologie di alieni, astronavi, pianeti e simili), oltrechè dovrebbero essere classificati con colori diversi, come si usa per i gruppi nei MMORPG. Il raggiungimento di specifici obiettivi sarà così valorizzato dalla colorazione del proprio riconoscimento.
La trattazione prosegue con l’analisi della meccanica in sè, attraverso la vera e propria elargizione di badges. Attraverso i badges ci viene riconosciuto (come scritto sopra) il raggiungimento di un obiettivo intermedio, e siamo portati a pensare l’intero sistema come qualcosa che può solo incrementarsi, senza mai decrescere (non pensiamo che i badges ci possano essere tolti). Manrique prova a riposizionare i badges sotto questo aspetto, proponendo un sistema che assegni i badges, ma allo stesso tempo può ritirarli: gli utenti in questo modo ricevono una doppia spinta emozionale, la prima che porta ad accrescere la propria collezione, la seconda a preservarla, attraverso la creazione da parte dei game designer, di badges dinamici.
In ultima analisi l’articolo tratta il fattore sociale dei badges, come essi vengono visti nella comunità di giocatori. Prendendo ad esempio delle situazioni quotidiane, come l’esercito, la vera forza delle medaglie di un ufficiale è la possibilità di riconoscere quella persona come una persona importante a colpo d’occhio. Per questo motivo, viene raccomandata la massima visibilità ai badges raccolti da ogni utente, in modo da incrementare gli effetti sociali dati dalla possessione di badges, come per esempio la competizione per ottenere più badges degli altri, o l’imitazione per raggiungere qualcuno che viene considerato come un guru.
Il ruolo dei badges potrebbe quindi essere rivalutato, alla luce di questi aggiustamenti suggeriti da Manrique, ponendoli quindi a supporto dell’esperienza gamificata, per aumentare il valore percepito dall’utente finale. Restano comunque un elemento da valutare attentamente, per evitare di applicare nella maniera scorretta questo strumento vanificando il suo apporto e, in casi particolari, l’intera esperienza.
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